martedì 17 settembre 2013

VERONICA, IL PRIMO AMORE DI CARLO PIRAS

La prima ragazza di cui Carlo credette di essersi innamorato si chiamava Veronica. Quarta elementare. Ora come ora non saprebbe neanche descriverla, ma era l’essere più aggraziato e perfetto che avesse mai visto. Era una ragazza, quasi una donna, non una bambina occhialuta, smilza e dalla voce chioccia come tutte le altre. Aveva già il seno e un paio di piccoli nei sopra le labbra, proprio piccoli. Carlo le parlava spesso ma senza dirle nulla di importante: per esempio, le faceva notare che il termine “veronica” era sul vocabolario con tre significati diversi, mentre “carlo” con l’iniziale minuscola non c’era e per questo lei contava molto più di lui. Oppure tentava di coinvolgerla nella compravendita delle figurine dei calciatori, gli mancava Platini, avrebbe dato qualunque cosa per avere Platini, “Lo sai che i tuoi capelli sono uguali ai capelli di Platini?” le diceva. Ogni tanto le offriva la merenda e lei rifiutava, sicché Carlo si sentiva un po’ rifiutato assieme alla sua merenda; forse era colpa della commessa della salumeria che ci aveva messo poco prosciutto nel panino, o era colpa di quelli che avevano confezionato la brioche, sì, certo, la commessa non ci aveva messo amore nel preparare il panino, men che meno i misteriosi individui della brioche. E allora si era fatto preparare i panini dalla mamma, che almeno lei di amore se ne intende, le mani della mamma trasudano amore, l’amore si trasmette, la donna comprende al volo l’amore, un panino farcito con amore fa innamorare chi lo mangia, e forse lo doveva fare lui, il panino; cominciò a farlo e mentre stendeva le fette di salume pensava a lei e ci metteva tanto e tanto amore. Ma lei rifiutava regolarmente. Alla fine se lo mangiava tutto lui e si rendeva conto che il suo amore restava chiuso dentro di sé, producendo peraltro impetuose scariche diarroiche. Passò del tempo, ne passò tanto; e lui si accorse con colpevole ritardo che lei non gli aveva mai parlato, che era stato sempre e solo lui a parlare, chiedere, mostrare, sorridere. E che lei parlava, chiedeva, mostrava, sorrideva a un altro ragazzo. 

Da "Se avessi previsto tutto questo" pp. 18-19.

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