La
prima ragazza di cui Carlo credette di essersi innamorato si chiamava Veronica.
Quarta elementare. Ora come ora non saprebbe neanche descriverla, ma era
l’essere più aggraziato e perfetto che avesse mai visto. Era una ragazza, quasi
una donna, non una bambina occhialuta, smilza e dalla voce chioccia come tutte
le altre. Aveva già il seno e un paio di piccoli nei sopra le labbra, proprio
piccoli. Carlo le parlava spesso ma senza dirle nulla di importante: per
esempio, le faceva notare che il termine “veronica” era sul vocabolario con tre
significati diversi, mentre “carlo” con l’iniziale minuscola non c’era e per
questo lei contava molto più di lui. Oppure tentava di coinvolgerla nella
compravendita delle figurine dei calciatori, gli mancava Platini, avrebbe dato
qualunque cosa per avere Platini, “Lo sai che i tuoi capelli sono uguali ai
capelli di Platini?” le diceva. Ogni tanto le offriva la merenda e lei
rifiutava, sicché Carlo si sentiva un po’ rifiutato assieme alla sua merenda;
forse era colpa della commessa della salumeria che ci aveva messo poco
prosciutto nel panino, o era colpa di quelli che avevano confezionato la
brioche, sì, certo, la commessa non ci aveva messo amore nel preparare il
panino, men che meno i misteriosi individui della brioche. E allora si era
fatto preparare i panini dalla mamma, che almeno lei di amore se ne intende, le
mani della mamma trasudano amore, l’amore si trasmette, la donna comprende al
volo l’amore, un panino farcito con amore fa innamorare chi lo mangia, e forse
lo doveva fare lui, il panino; cominciò a farlo e mentre stendeva le fette di
salume pensava a lei e ci metteva tanto e tanto amore. Ma lei rifiutava
regolarmente. Alla fine se lo mangiava tutto lui e si rendeva conto che il suo
amore restava chiuso dentro di sé, producendo peraltro impetuose scariche
diarroiche. Passò del tempo, ne passò tanto; e lui si accorse con colpevole
ritardo che lei non gli aveva mai parlato, che era stato sempre e solo lui a
parlare, chiedere, mostrare, sorridere. E che lei parlava, chiedeva, mostrava,
sorrideva a un altro ragazzo.
Da "Se avessi previsto tutto questo" pp. 18-19.
Sembra interessante!
RispondiEliminaGrazie!
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