sabato 28 dicembre 2013

LIVE AT "LA SICILIA CHE SCRIVE"! IL VIDEO SU YOUTUBE

Ad Acireale, venerdi 13 dicembre ho presenziato all’incontro organizzato dall’associazione culturale “Nuova Galatea” sul tema “La Sicilia che scrive”. Oltre a me erano presenti anche Salvo Cavallaro (all'estrema sinistra) e Valentina Carmen Chisari (ben riconoscibile al centro, tra me e il moderatore Alessandro Coco), autori, rispettivamente, della raccolta di racconti "Date da mangiare ai pesci" e delle storie per l'infanzia dal titolo "Racconti dall'isola magica". Anche in tale occasione il vostro affezionatissimo (e timidissimo) si è dovuto, suo malgrado, esibire in un "reading". Il pubblico in sala, dalle risate e dal risultato complessivo delle vendite a seguire (copie esaurite!), pare aver molto gradito. Ecco il link al video della mia lettura, caricato su Youtube. 

domenica 22 dicembre 2013

A GRATOSOGLIO COL BENTELAN: UN RACCONTO PUBBLICATO SU "OSSOBOOK"

In occasione del Natale, un mio pensiero particolare è rivolto ai bambini e ai ragazzi abbandonati o sottratti alle famiglie, quei minori ospitati dai centri di accoglienza e di cura come quello che rievoco in questo racconto pubblicato qualche tempo fa nel numero 6 di "Ossobook", rivista digitale milanese fondata da Tommaso Labranca, che mi ha personalmente invitato a contribuire a "Fuorimilano". Una rubrica in cui - in ogni numero - uno scrittore o un blogger forestiero racconta la "sua" Milano. Io ho contribuito con questo resoconto autobiografico il cui titolo di lavorazione era "A Gratosoglio col Bentelan". 
Buona lettura e auguri di buon Natale!

"Catania la chiamavano, negli anni’90, “la Seattle del sud Italia” per via della sua vivace scena musicale. Prima ancora, per tutti era la “Milano del sud”, polo commerciale e affaristico della Trinacria. Negli anni Zero, Catania non corrispondeva più a queste definizioni, se mai davvero c’era stato qualcosa in comune con Seattle o con Milano. E neanche Milano, quando mi trovai a visitarla per la prima volta, c’entrava niente con la Milano che mi ero immaginato, che mi avevano decantato e a volte descritto con tratti talmente infernali da meritarsi incisioni di Gustave Dorè. 
Mi avevano offerto un posto di lavoro a progetto. Marco Biagi era stato ucciso esattamente due anni prima e io scoprivo, per la prima volta, cosa diavolo erano questi contratti a progetto. Una mezza fregatura, ma che ve lo dico a fare?
Mi ritrovai così in quella che più che una metropoli sembrava una città di provincia, abbastanza ordinata (almeno rispetto alla qasba catanese) e dov’era facile muoversi, con l’unica differenza che nessuno ti guardava in faccia. In quei giorni era immersa in una foschia che non mi permetteva mai di vedere il blu del cielo, ma ero preparato a quell’atmosfera: a Catania a marzo il cielo si vedeva eccome, ma quella era Milano, bisognava abituarsi.
Stavo in una topaia di pensione, frequentata solo da extracomunitari, con un unico, lurido, bagno in comune per un intero piano.
Già dal secondo giorno di permanenza avevo cominciato a grattarmi.
Veramente avevo cominciato ad avere un po’ di fastidio già nel treno, ma in quella stamberga mi era esplosa una dermatite che progressivamente si andava aggravando. Cominciai a inghiottire pillole antistaminiche. Il fastidio si placava a sprazzi, le macchie sulla pelle avvampavano o si sbiadivano a piacere. Apparivano tumide soprattutto quando stavo al telefono con la mia fidanzata che, a Catania, era alle prese con una tesi su Giorgio Bassani e la sua misconosciuta produzione saggistica raccolta in “Di là dal cuore”. Che io stessi a oltre milletrecento chilometri di distanza era per lei un dettaglio secondario, purché trovassi il tempo di correggere il suo fondamentale capitolo 4. Per me, quel dettaglio era di vitale importanza. Quando la conversazione terminava, piangevo ascoltando Fabio Concato: per il mio cd player avevo selezionato album di autori rigorosamente milanesi, con la speranza di integrarmi presto e bene. Ma rivolevo la mia vita catanese, la mia fidanzata. Ero uno smidollato. Me lo ripetevo in continuazione. Uno smidollato.
Poi cominciai a lavorare come educatore professionale nella cooperativa per cui ero venuto a Milano, un centro di accoglienza per minori tra i palazzoni del quartiere dormitorio di Gratosoglio, che tutti mi descrivevano come una specie di Bronx ma che rispetto a San Cristoforo o a Librino mi sembrava il Parco della Vittoria del Monopoli.
Al centro di accoglienza sentivo freddo, la cameretta che mi avevano assegnato era piccola e polverosa e per di più la sera si mangiava poco. Un piattino di lenticchie o bastoncini Findus. Si mangiava quello che mangiavano i bambini, nelle stesse identiche porzioni, ma io pesavo almeno quaranta chili in più. Una sera toccò a me far addormentare una bambina con gli occhi azzurri, i capelli biondi, lisci. Figlia di immigrati dell’est, violenti, molestatori, in carcere a San Vittore. Le lessi una fiaba: lo feci male, con il tono monocorde, la voce incerta, perché pensavo alla mia fidanzata della mia stessa età, mora e dai capelli ricci, chissà in quel momento che faceva e con chi si trovava.
Quei bambini, soprattutto quelle bambine, mi mettevano a disagio, mi trasmettevano inquietudine. Ero fresco di laurea in Scienze dell’Educazione e avevo svolto solo un tirocinio in una casa famiglia dove alloggiavano maschietti aggressivi, il “vedi chi te la ficca” sempre pronto ad esploderti in faccia come una mina antiuomo. Non ero pronto per calarmi nelle storie di fatine del cazzo da sussurrare con voce vellutata nelle orecchie di bambine deprivate.
Il prurito tornò. Passai al Bentelan, ma neanche il cortisone ci poteva fare qualcosa. Il problema poteva avere origini psicosomatiche.
Di lì a poco dissi basta e me ne tornai in Sicilia, abbandonando quel posto di lavoro senza neanche finire il breve periodo di prova.
Una sconfitta che ancora oggi mi pesa addosso come un macigno.
Non vivo più a Catania bensì a Siracusa, pubblico romanzi, ho un figlio piccolo, lavoro con i bambini disabili e penso che – tutto sommato – Milano non era così male, perché c’erano la videoteca-libreria Bloodbuster, la Pinacoteca di Brera, lo stadio di San Siro, un fottìo di case editrici e una bambina bionda a cui leggere le fiabe per farla addormentare."

Il link dell'intero numero 6 di "Ossobook" che contiene il mio racconto è disponibile a quest'indirizzo:
 http://issuu.com/ossobook/docs/ossobook062013?e=6016151/4058624

venerdì 20 dicembre 2013

UN MIO CINEMATOGRAFICO NATALE DI TRENT'ANNI FA TRA I RACCONTI SELEZIONATI DA AURELIO CALIRI

Se cercate un'idea regalo, oltre al mio romanzo potete senz'altro valutare l'acquisto di un ponderoso tomo curato dal musicista e scrittore Aurelio Caliri. S'intitola, semplicemente, "Racconti di Natale" e ci trovate dentro - in mezzo ad autori classici, scrittori affermati, concittadini stimati, professori, registi e artisti di chiara fama - pure una cosetta del sottoscritto, un piccolo ricordo d'infanzia legato a uno storico cinema di Augusta. Il mio racconto, in seguito rielaborato e inserito nel mio prossimo romanzo dal titolo "Figlio unico" (di cui rappresenta dunque una succosa anteprima), s'intitola "Natale 1983. Come lacrime nella pioggia", ovvio riferimento al film "Blade runner" (ma si parla anche e soprattutto del "Ritorno dello Jedi").
Nell'immagine a fianco potete leggere la lista completi degli autori, tra cui spiccano senz'altro nomi noti come gli scrittori Maria Attanasio, Paolo Di Stefano, Vanni Ronsisvalle, Annamaria Piccione, Salvo Zappulla, il regista Aurelio Grimaldi, docenti universitari come Sergio Sciaccia, Nicolò Mineo, Antonio Di Grado, il critico Walter Pedullà, l'attore Alessandro Quasimodo e tanti, tanti altri...
Al volume possono essere allegati anche il cd dello stesso Caliri "E' tornato Natale" e due tavole che riproducono una litografia di Salvatore Fiume e una di Caliri.  Reperirlo è difficile, ma non certo impossibile. Vi consiglio di rivolgervi direttamente all'editore Arte e musica, il cui numero di telefono e di fax è 0931465616 di scrivere una mail a Caliri (aureliocaliri@infinito.it).

martedì 17 dicembre 2013

"LA SICILIA" E "POSTAZIONE AVANZATA" PARLANO DELLA "SICILIA CHE SCRIVE"

Rosalba Bilotta, sul magazine on line "Postazione Avanzata" scrive dell'incontro di venerdi 13 dicembre ad Acireale, dal titolo "La Sicilia che scrive", a cui ho preso parte insieme a Salvo Cavallaro e Valentina Carmen Chisari. Scrive la Bilotta: "A presentare l’evento culturale è stato il Presidente dell’Associazione Nuova Galatea, Alessandro Coco, che ha puntato l’attenzione sull’obiettivo comune dei tre scrittori, pur nella personale scelta stilistica, e, in particolare, sul tema centrale del raccontare se stessi e la propria terra, la Sicilia, essendo fieri delle proprie origini e regalando cultura ai lettori.(...) Luca Raimondi, scrittore siciliano, ha presentato il suo libro dal titolo “Se avessi previsto tutto questo”, romanzo ambientato a Catania, che rivela l’iter accademico di Carlo Piras, un giovane che rappresenta tanti giovani, sottolineandone l’aspetto comico e grottesco, ma anche l’introspezione drammatica degli eventi che gli accadono. Il libro di Luca Raimondi è un romanzo di formazione non politica, ma sentimentale: viene sottolineato anche “il calvario che questo giovane diciottenne attraversa per conoscere l’amore e il sesso”.
L'articolo integrale lo trovate qui:
Su "La Sicilia" ne riferisce invece Antonio Carreca in un lungo articolo:

giovedì 12 dicembre 2013

LA "SICILIA CHE SCRIVE": IO, CAVALLARO E CHISARI AD ACIREALE

Ad Acireale, venerdi 13 dicembre, alle ore 17,30, presenzierò all’incontro organizzato dall’associazione culturale “Nuova Galatea” sul tema “La Sicilia che scrive”, che si terrà nella sede di via Galatea 147. Oltre a me, che prediligo saggi e romanzi, saranno presenti anche Salvo Cavallaro, specializzato in racconti e Valentina Carmen Chisari, giornalista, il cui primo libro è dedicato alla letteratura per l’infanzia. Ci faremo insomma portavoce delle diverse forme con cui la letteratura può raccontare le sue storie e di cosa significa operare in quest’ambito in una terra tanto ricca di spunti e stimoli quanto avara di lettori e di attenzione verso la cultura e verso coloro che, nel loro piccolo, se ne fanno promotori. 
Due parole sui miei "compagni di avventura", Salvo e Valentina.
Salvo Cavallaro, di professione avvocato, si è finora dedicato alle “short stories”, esordendo nel 2011 con “Ma di cosa stiamo ancora parlando” e diventando direttore della collana di racconti “Vervain” della casa editrice Carthago, presso cui ha quest'anno pubblicato una seconda raccolta dal titolo “Date da mangiare ai pesci”.
Valentina Carmen Chisari, laureata in Scienze Politiche, si è dedicata al giornalismo e alla comunicazione prima di approdare al suo esordio letterario, “Racconti dall’isola magica. La Sicilia e i suoi colori” (Inkwell).
L’incontro sarà coordinato dal presidente dell’associazione, Alessandro Coco.

sabato 7 dicembre 2013

OGGI RITORNA "PIANISSIMO" AL "THE HUB" DI SIRACUSA

Martedi 10 dicembre alle 19.00, presso Impact Hub a Siracusa (in via Mirabella 29, nel centro storico di Ortigia), è previsto il primo appuntamento del ciclo "Sicilian Dangerous Mind". L'incontro avrà come protagonista Filippo Nicosia, trentenne messinese, redattore editoriale, ideatore e anima di Pianissimo: una libreria itinerante e un progetto di promozione della lettura in Sicilia attraverso un viaggio su un furgone d’epoca. Un viaggio quindi senza troppe comodità, in cui si guarda il paesaggio e ci si ferma spesso a parlare di libri e incontrare persone.
Dopo il successo del primo tour siciliano, che si è snodato ad agosto 2013 tra città e paesi siciliane, a dicembre il furgoncino di Pianissimo che va letteralmente pianissimo, si è rimesso in moto per la Sicilia, regione che, dopo la Basilicata, detiene il record negativo di lettori d’Italia. Pianissimo risponde a questo problema con un atto concreto, in strada, coinvolgendo amici e incontrando sconosciuti, creando un ponte di libri tra i lettori e gli autori. La sfida è quella di mettere il libro nelle piazze e sperare che qualcuno lo porti a casa e inizi a leggere. Un’idea che vuole far crescere lettori consapevoli, divertiti, entusiasti e curiosi, in una parola siciliani che possano sentirsi finalmente, e a pieno diritto, cittadini europei. La serata si concluderà con l’esposizione dei libri che compongono la biblioteca di Pianissimo e con l’unico aspetto di Pianissimo che va velocissimo: le letture. Sarò presente anch'io, insieme ad altri scrittori siracusani, Angelo Orlando Meloni, Daniele Zito, e Alberto MinnellaInsomma, una buona rappresentanza della "new wave siracusana" (come ci ha definiti Eleonora Lombardo su Repubblica). Angelo Orlando Meloni è autore di Io non ci volevo venire qui (Del Vecchio),sceneggiatore del fumetto “pulp” Triviale, dietro le cattive intenzioni (VerbaVolant), e, insieme a Ivan Baio, di Cosa vuoi fare da grande (Del Vecchio) il romanzo tragicomico sul tragicomico futuro dell’istruzione italiana. Daniele Zito ha trentatré anni, è cresciuto a Siracusa e vive a Catania. Ricercatore precario all’Università di Catania, si occupa di sistemi distribuiti, cloud e sistemi complessi tempo varianti. Collabora con “L’Indice dei Libri del mese”. La solitudine di un riporto, pubblicato da Hacca Edizioni nel 2013, è il suo esordio narrativo.  Alberto Minnella è nato ad Agrigento nel 1985 e vive a Siracusa. Ha lavorato come giornalista per “Il Giornale di Sicilia” e il “Corriere di Sicilia” e come critico musicale per “Ilmegafono.org”, “La grande testata” e “Indie for Bunnies”. Ha studiato musica moderna, a Parigi, all’accademia di batteria Dante Agostini. Il gioco delle sette pietre, pubblicato da Frilli Editori nel 2013, è il suo primo romanzo. 

giovedì 28 novembre 2013

UNA PAGINA DI REPUBBLICA DEDICATA ALLA NEW WAVE SIRACUSANA!

Eleonora Lombardo firma un lungo articolo sulla recente ondata di scrittori provenienti da Siracusa, non mancando di citare anche me. Al di là della personale soddisfazione e dell'onore di trovarmi in siffatta ottima compagnia, mi sembra un pezzo di giornalismo letterario assai interessante e denso di argomentazioni e spunti di riflessione, ragion per cui vi invito a leggerlo per intero sul sito di "Repubblica".
"Assomigliano a certe piante con le radici aeree, quelle che condividono uno stesso habitat, ma che per attitudine sviluppano gli organi radicali fuori dal terreno, crescendo in altezza e non in profondità. Assorbono dall' ambiente circostante, ma con esso non hanno un rapporto reciproco, prendono, trasformano e allungandosi tentano di sconfinare. Ha, insomma, radici aree questa ultima generazione di scrittori che Siracusa sta producendo con proficuità e in certo senso anticipando il futuro: Stefano Amato, Angelo Orlando Meloni, Ivan Baio, Daniele Zito, Alberto Minnella ma anche Veronica Tomassini e Luca Raimondi. Se una volta la letteratura italiana era "la voce dell' autore", loro sono catalizzatori di un' espressione scorporata, nutrita dal web, dalla televisione e dalla musica. Hanno fra i venti e i quaranta anni, si conoscono ma si frequentano soprattutto sulla rete, sono imbevuti della produzione musicale locale, quella rock-punk, indie, grounge, ognuno di loro ha un blog e tutti hanno pubblicato un romanzo di recente. Sono cresciuti a Siracusa eppure la città, che a volte entra nelle loro trame, sembra solo essere una quinta, uno sfondo dissolto."
Per leggere il testo integrale cliccate sul seguente link:

giovedì 21 novembre 2013

UN'ACCURATA RECENSIONE DI MARIA LUCIA RICCIOLI SU "LETTERATITUDINE"

Capita anche ai romanzi degli scrittori "di nicchia" come me di imbattersi ogni tanto in qualche recensore dotato di grande acume critico, capace di distillare in una paginetta il profumo di un racconto, farne intuire con rapidità e precisione il contenuto e - se non tutti - almeno i suoi significati più importanti. Un recensore così uno scrittore lo deve ringraziare in tutti i modi possibili, ancor di più il lettore, che della recensione (della buona recensione, meditata e articolata senza esagerate ovazioni e terribili flagellazioni) può senz'altro servirsi per orientare i suoi acquisti senza timore di incorrere in cocenti delusioni. Ormai capisco al volo chi ha letto e chi no il mio romanzo quando ne scrive o ne parla: Maria Lucia Riccioli, autrice del pezzo pubblicato dal noto blog Letteratitudine fondato dallo scrittore Massimo Maugeri, sicuramente l'ha letto, e con accuratezza. 
Mi limito qui a riportare solo un brano della sua recensione, invitandovi caldamente a leggerla per intero cliccando sul link a seguire.

"Il romanzo di Luca Raimondi è a metà tra un amarcord e un diario di bordo degli anni Novanta, una capsula del tempo che ci restituisce intatti il senso di smarrimento, di sperdimento, di inutilità che è così facile provare nel limbo tra diploma e laurea, tra l’utero protetto della città natale, di casa, della famiglia, degli amici – ma chi e cosa sono i veri amici, cos’è l’amore, quel sentimento che s’interseca a turbinii e voglie adolescenziali e non ancora adulte? Queste le domande di Carlo Piras, il nostro protagonista alle prese con la sua personale ricerca di una Weltanschauung, di una propria visione del mondo attraverso lo studio di quelle altrui, dei filosofi che ha scelto di studiare non troppo coscientemente dopo l’Alberghiero."

Di Maria Lucia Riccioli non posso non segnalare il maestoso romanzo "Ferita all'ala un'allodola" (L'erudita, 2013), incentrato sulla figura storica della poetessa notigiana Mariannina Coffa.

martedì 19 novembre 2013

MASSIMILIANO MAGNANO RECENSISCE "SE AVESSI PREVISTO TUTTO QUESTO" SU "LA VOCE DELL'ISOLA"

"Carlo Piras, protagonista quasi inconsapevole della narrazione, inizia a vivere proprio mentre il romanzo di Luca Raimondi volge ormai al termine. “Se avessi previsto tutto questo. In cerca d’amore nella Catania di fine millennio”, è appunto la storia di un giovane che vive con fatica la propria condizione di adolescente: non più bambino, ma certamente non ancora uomo. Neppure alla fine del racconto, in verità. A sorreggere la narrazione è la ricerca travagliata, ma spesso anche svogliata, di nuove amicizie, e soprattutto dell’amore: più o meno eterno, più o meno idealizzato. Pantomime e schermaglie tra amici si susseguono per tutto il romanzo, particolarmente se in presenza delle ragazze, alle quali il giovane protagonista e i suoi compagni si interessano o fanno platealmente mostra di interessarsi.
L’ambiente in cui questi “pesciolini d’acqua dolce” vorrebbero nuotare, crescendo in dimensioni e autorevolezza, è dapprima quello scolastico-domestico, poi quello universitario e quello dell’intorno piuttosto ampio della Catania di fine millennio. Carlo Piras, il protagonista, si sforza di essere sempre presente a se stesso, cercando di dominare le vicende che invece finiscono per dominare la sua vita, senza appunto riuscirci. Flavio, Tamara, Rosario, Raffaella sono allora comparse che certo attraversano le vicende esistenziali di Carlo, senza riuscire a comprenderne fino in fondo le tribolazioni."
MASSIMILIANO MAGNANO

giovedì 31 ottobre 2013

"LEGGERE:TUTTI" PUBBLICA UNA RECENSIONE DI "SE AVESSI PREVISTO TUTTO QUESTO"

Sul numero di ottobre-novembre di "Leggere:tutti", importante magazine romano di letteratura a diffusione nazionale,  è apparsa una recensione del mio ultimo romanzo firmata da Carla Iannacone. La stupenda immagine di copertina realizzata da Luca Morreale fa bella mostra di sé a pagina 49. Le Edizioni Il Foglio di Gordiano Lupi (già al lavoro sul mio prossimo romanzo, previsto per il 2014) realizzano addirittura una doppietta: è infatti recensito anche il libro di Renato Dattola "Penso a tutto io".
Ecco il testo integrale:
Carlo Piras è uno studente di filosofia all’Universita di Catania degli anni ’90. Figlio unico, diplomato all’istituto alberghiero, aspirante e svogliato scrittore ha scelto di abbandonare un percorso che lo avrebbe portato diritto alle cucine per dedicarsi allo studio di Hegel e Kant. Originario di Siracusa, dove la vita scorre placida e senza particolari emozioni, Piras si ritrova cosi a dover combattere un fastidioso senso di solitudine, malgrado viva ormai in un ambiente che trabocca di studenti e coetanei.
Il romanzo descrive le nevrosi adolescenziali e post-adolescenziali del suo protagonista assieme al desiderio di avere delle relazioni gratificanti, soprattutto una relazione sessuale soddisfacente e duratura. Ma tutto sembra remare contro il ragazzo. Tutti i tentativi di conquistare le ragazze rivelano la sua inadeguatezza alla vita. E scorrendo le pagine di questo libro che ci si accorge allora che il riferimento nel titolo della “ricerca d’amore” – salvo l’epilogo caratterizzato da toni più sentimentali – appare semmai orientato più verso una ricerca di amore carnale.
Se avessi previsto tutto questo (attinta sotto alcuni aspetti dalla autobiografia di Raimondi) si presenta infatti a mo’ di epopea quotidiana tardo–adolescenziale in cui l’amore e l’amicizia sono i veri valori da esaltare; un romanzo di formazione impastato di umorismo e speziato di malinconia, costruito in gran parte da una successione teatrale di dialoghi e brevi botta e risposta, mentre, in altri momenti, appare evidente il desiderio dell’autore di esprimere tutta la complessità delle elucubrazioni post adolescenziali, ricorrendo a sovrabbondanti aggettivi e numerose descrizioni degli stati d’animo del protagonista quasi a erigerlo a simbolo della vita di vent’anni fa che, alla fine, a pensarci bene, non era poi tanto diversa da quella di oggi.
CARLA IANNACONE

martedì 15 ottobre 2013

"SE AVESSI PREVISTO TUTTO QUESTO" DISPONIBILE ADESSO ANCHE AD AUGUSTA, MIA CITTA' NATALE

Ci ha messo un po' ad arrivare anche ad Augusta, mia città natale, ma finalmente "Se avessi previsto tutto questo" è disponibile anche lì, per l'esattezza presso la libreria Mondadori di via Principe Umberto n. 82  (http://mondadoriaugusta.myblog.it/), per giunta con lo sconto del 15%, come testimoniano le foto seguenti. Ad Augusta sono nato nel '77, vi ho vissuto i miei primi otto anni e lì vivono tutti i miei (pochi) parenti, genitori compresi, inutile quindi sottolineare il tipo di soddisfazione che si ottiene dando notizie di questo genere.



venerdì 20 settembre 2013

LIVE AT "PIANISSIMO-LIBRI SULLA STRADA": IL VIDEO SU YOUTUBE

Non sono un grande attore, anzi, non sono proprio un attore. Né le mie "esibizioni" live hanno la potenza e causano il coinvolgimento (o lo sconvolgimento, dipende) di quelli rock. Il video sottostante mi vede protagonista di una lettura o, per meglio fare i fighetti cosmopoliti, sarebbe meglio definire "reading". Codesti "reading" a me causano forti dolori di pancia, perché dopo aver pubblicato vorrei sparire come Salinger, Mina o Battisti, eclissarmi nella parte oscura della luna; solo che io non sono Salinger, Mina o Battisti e quindi devo, giocoforza, mettermi un po' in mostra per quel poco che il buon senso suggerisce, onde far sapere ai miei lettori vecchi ma soprattutto nuovi che esiste - on line e nelle librerie - un mio nuovo romanzo. 
Eccomi quindi impegnato in una sofferta lettura di un brano tratto da "Se avessi previsto tutto questo". Sofferta per me, almeno, spero non troppo per gli spettatori. Grazie all'amico Daniele Scirpo per aver effettuato questa ripresa il 17 agosto (presso il Largo Aretusa) e grazie soprattutto allo staff di "Pianissimo-Libri sulla strada" (l'ideatore Filippo Nicosia ma anche Serena Casini, Mauro Maraschi e Maura Romeo) che dal 9 agosto al 2 settembre ha viaggiato per la Sicilia con un furgone d'epoca (credo alquanto scomodo) per promuovere i libri e la lettura. 




A seguire, riporto anche il brano in questione, da me sempre identificato come "il brano del cazzo", non tanto (o non solo) perché probabilmente non farà mai parte del fior fiore della letteratura italiana, quanto perché la suddetta sconcia - ma ormai desemantizzata - parola ricorre con una certa frequenza, grazie soprattutto a Mario, l'istruttore di una scuola guida della periferia siracusana...

"L’ingrato compito di addestrare Carlo, a suo tempo in difficoltà pure con la bicicletta, è toccato più di recente a un certo Mario, un ragazzo di ventiquattro anni con nelle vene più Aperol che sangue, capitano di un football club di periferia. 
Carlo attende il suo turno nella sala d’attesa della scuola guida. Mazzarone, fra un turno e l’altro, ha attraversato come un lampo la sala dicendo, con la stessa sicurezza nell’avvenire che può avere un detenuto nel braccio della morte: - Lei ce la farà, le assicuro che domani sarà la volta buona.
Mario si presenta con tre quarti d’ora di ritardo, brillo come al solito. Dice a Carlo e ad una ragazza che aspetta da neanche cinque minuti di salire sulla Ford e di aspettarlo, ché deve sbrigare un affare urgente al bar.
Carlo fa il cavaliere e permette alla ragazza di guidare per prima. Aspettando Mario, lei aggrappata al volante, lui nel sedile posteriore con le lunghe gambe malamente incastrate, si cerca di intavolare una conversazione.
- Mi chiamo Carlo.
- Roberta.
- Bel nome.
- Grazie.
Femmine. Non ricambiano mai con “anche il tuo è un bel nome”.
- È da molto che...
- No, da tre giorni.
- E come...
- Bene.
- Io invece...
- Ah, sì.
- Be’.
- Certo.
- Eh...
- La patente...
- Già.
- No, è che io...
- Cosa.
- Prego?
- No, dico, cosa?
- Cosa chi?
- A chi?
Pausa. Lei guarda lui attraverso lo specchietto retrovisore. Poi ritrae lo sguardo, come disgustata, neanche avesse visto uno shoggoth lovecraftiano.
- Frequenti per caso...?
- Macché.
- Davvero?
- Come no.
- E...
- Senti...
- Ebbene?
- Sì, sì, sì.
Mario interrompe l’idillio, catapultandosi dentro, avviando il motore, ingranando la marcia, tutto nell’arco di un decimo di secondo. La ragazza è squassata dalla confusione, spegne subito il motore, poi gratta l’innesto della seconda, fa urlare di terrore una vecchina rimasta inchiodata sulle strisce pedonali. Al primo senso unico a destra si fionda a sinistra, contromano, stoppata in netto ritardo dai doppi comandi di Mario, che già comincia a latrare come Eddie Murphy in 48 ore.
- Grandissima testa di cazzo, che cazzo fai, cazzo?
L’alcol ha spento i già deboli freni inibitori di Mario. Con la sinistra raddrizza il volante, con la destra si massaggia l’organo che tanto ama declamare ad alta voce. La ragazza non si è ancora abituata ai suoi modi da gentleman, lo guarda con panico crescente.
- E non tenere duro il volante, non è mica il cazzo del tuo fidanzato! - ringhia Mario.
- Non sono fidanzata - ribatte Roberta, con gli occhi inumiditi.
- Cazzo, e pensare che io per te lascerei la mia cazzo di moglie, i miei scazzati figli e quella cazzuta della mia amante.
Incredibile. Che Mario abbia una moglie, dei figli e persino un’amante. Il mondo è bello perché tutti hanno speranze.
Dopo venti minuti agghiaccianti è il turno di Carlo.
- Vediamo che cazzo mi combini oggi - dice Mario con il suo indiscusso garbo.
Carlo gira la chiavetta dell’accensione con il risultato di spegnere il motore, visto che Mario l’aveva appena acceso; poi Mario spinge la propria frizione e Carlo ingrana la marcia, idem per la seconda; quindi Mario pianta una frenata assurda in prossimità di una traversa e schiaccia la frizione mentre Carlo spinge l’acceleratore.
- Cazzo, guarda quella sventola, topa infinita, sì, vieni bella che ti faccio godere - urla Mario, in puro stato orgasmico, indicando una bionda in minigonna. Si produce in un “woooaaaooo” in falsetto. Poi si accorge di essere in prossimità di una chiesa e si fa il segno della croce.
- Fatti il segno della croce, cazzo - dice a Carlo.
Illuso.
- Sono agnostico - mormora Carlo.
- Cazzo sei? - sbigottisce Mario.
- Insomma, sei ateo? - dice Roberta. Per la serie: come attirare l’attenzione.
- Non credi in Dio? - Mario impallidisce. Almeno ha avuto il buon gusto di non infilare “Dio” e “cazzo” nella stessa frase.
- Non avendo prove sufficienti, non mi pongo il problema della sua esistenza.
Difficile elaborare una dottrina più articolata: per poco non avviene un impatto catastrofico contro un camion della nettezza urbana. Mario è troppo preso dalla questione teologica per badare al suo allievo.
- Non servono le prove, cazzo. La fede è la prova - sentenzia Mario.
- Io non ho fede - spara Carlo.
- Cazzo. Mi sconvolgi.
- Già.
- Credevo di averle viste tutte. Ma questa, cazzo...
- Eh, già.
- Tu devi avere grossi problemi familiari - dice Roberta. - Devi stare attento alla droga.
- Si comincia così e poi non si sa dove si va a finire - dice Mario. E aggiunge: - Cazzo.
- Alla mia parrocchia possono fare qualcosa per te - dice Roberta. E aggiunge: - Forse.
- No, grazie, affronterò da solo questo dramma - chiude Carlo, che sta tentando di concentrarsi sulla guida.
La ragazza sta per ribattere qualcosa ma Mario si impadronisce del volante, accosta l’auto, mette il freno a mano, spegne il motore, dice “aspettate in macchina, cazzo” e si fionda verso il bar più vicino. Carlo non ha ancora capito la dinamica della manovra. Il suo piede sinistro tiene ancora premuta la frizione. Roberta chiede:
- Ma è fuso, quello?
- Cazzo ne so - dice Carlo.

da "Se avessi previsto tutto questo", pp. 71-75.

martedì 17 settembre 2013

VERONICA, IL PRIMO AMORE DI CARLO PIRAS

La prima ragazza di cui Carlo credette di essersi innamorato si chiamava Veronica. Quarta elementare. Ora come ora non saprebbe neanche descriverla, ma era l’essere più aggraziato e perfetto che avesse mai visto. Era una ragazza, quasi una donna, non una bambina occhialuta, smilza e dalla voce chioccia come tutte le altre. Aveva già il seno e un paio di piccoli nei sopra le labbra, proprio piccoli. Carlo le parlava spesso ma senza dirle nulla di importante: per esempio, le faceva notare che il termine “veronica” era sul vocabolario con tre significati diversi, mentre “carlo” con l’iniziale minuscola non c’era e per questo lei contava molto più di lui. Oppure tentava di coinvolgerla nella compravendita delle figurine dei calciatori, gli mancava Platini, avrebbe dato qualunque cosa per avere Platini, “Lo sai che i tuoi capelli sono uguali ai capelli di Platini?” le diceva. Ogni tanto le offriva la merenda e lei rifiutava, sicché Carlo si sentiva un po’ rifiutato assieme alla sua merenda; forse era colpa della commessa della salumeria che ci aveva messo poco prosciutto nel panino, o era colpa di quelli che avevano confezionato la brioche, sì, certo, la commessa non ci aveva messo amore nel preparare il panino, men che meno i misteriosi individui della brioche. E allora si era fatto preparare i panini dalla mamma, che almeno lei di amore se ne intende, le mani della mamma trasudano amore, l’amore si trasmette, la donna comprende al volo l’amore, un panino farcito con amore fa innamorare chi lo mangia, e forse lo doveva fare lui, il panino; cominciò a farlo e mentre stendeva le fette di salume pensava a lei e ci metteva tanto e tanto amore. Ma lei rifiutava regolarmente. Alla fine se lo mangiava tutto lui e si rendeva conto che il suo amore restava chiuso dentro di sé, producendo peraltro impetuose scariche diarroiche. Passò del tempo, ne passò tanto; e lui si accorse con colpevole ritardo che lei non gli aveva mai parlato, che era stato sempre e solo lui a parlare, chiedere, mostrare, sorridere. E che lei parlava, chiedeva, mostrava, sorrideva a un altro ragazzo. 

Da "Se avessi previsto tutto questo" pp. 18-19.

lunedì 9 settembre 2013

UNA RECENSIONE SU "I LIBRI DI MORFEO-IL BLOG DI CHI AMA LEGGERE"

Su "I libri di Morfeo-Il blog di chi ama leggere" è apparsa una nuova recensione al mio romanzo a cura di Federica Orsida. Riporto il testo:


"Uno scorcio di vita nella Catania degli anni novanta, vista attraverso gli occhi di Carlo, studente di Filosofia, con le sue perplessità e drammi da diciottenne appena affacciato alla vita. Le lezioni universitarie lo lasciano perplesso e confuso, le vite degli amici lo sfiorano appena senza toccarlo completamente. Unico pensiero fisso nella testa di Carlo, la ricerca dell’amore. Perso nei suoi sogni confusi, tra pensieri proibiti sulle ragazze degli amici; ragazze strane conosciute in facoltà e una cugina trasgressiva, le giornate di Carlo procedono nel suo incostante ritmo. “Se avessi previsto tutto questo” di Luca Raimondi, edito da Edizioni il Foglio, rispecchia in pieno la vita negli anni novanta, quando i giovani, con diecimila lire nel portafogli, si sentivano ricchi. Carlo si reputa un ragazzo fortunato, ha una casa tutta sua vicino all’università e una vita che sembra soddisfargli, non per questo priva dei dubbi che accompagnano i diciottenni e con un rimprovero bonario verso i nonni che, a suo avviso, sono colpevoli di non avergli svelato il segreto che si cela dietro l’universo femminile. Tra dubbi, pensieri, relazioni mancate, notti insonne tormentati da sogni confusi, esami di patenti falliti, lo Scrittore Luca, ci narra, in maniera brillante e ironica, il percorso che conduce Carlo da ragazzo a uomo. Non senza qualche ironica traccia di autobiografia che rende il tutto più succoso e teatrale. Non senza qualche spunto di profonda riflessione: E se avessimo previsto tutto questo: quante cose ci saremmo risparmiati? Quanti errori non avremmo commesso? Quante strade non avremmo intrapreso? Quali decisioni avremmo preso? Se avessimo previsto tutto questo…"

lunedì 2 settembre 2013

"NIENT'ALTRO CHE UN SOGNO": LA PREFAZIONE DI FERNANDO GIOVIALE

Anche se la narrativa è la mia passione più grande, le soddisfazioni maggiori mi sono giunte grazie a un saggio scaturito da una mia tesi di laurea in Storia e Critica del Cinema, edito da Bastogi nel 2005 e intitolato "Nient'altro che un sogno-Pasolini e la Trilogia della vita". 
Il libro parte dagli ultimi istanti di vita di Pasolini e dalla sua “Abiura della Trilogia della vita”, per poi tornare a quando Pasolini iniziò a lavorare come sceneggiatore, approdando nel 1971 ad adattare il capolavoro di Boccaccio, quel “Decameron” popolare, sensuale, vitalistico, che sarebbe stato il primo capitolo di una trilogia (comprendente “I racconti di Canterbury” e “Il fiore delle Mille e una notte”) destinata a un enorme successo di pubblico e a un non sempre puntuale riconoscimento della critica.
Il libro è la ricostruzione “linguistica” del lungo viaggio che Pasolini verosimilmente intraprese per giungere alla creazione di quei tre film, resa possibile dalla pubblicazione delle sceneggiature originali. Sceneggiature che hanno svelato non pochi segreti e retroscena del “laboratorio” cinematografico di Pasolini.
Con grande prudenza, alla ricerca di un equilibrio tra leggibilità e scientificità, aiutato dalla mia esperienza di romanziere, di sceneggiatore e di regista, e sicuramente incoraggiato dal Premio Tindari 2004 per la critica cinematografica, nel trentennale della morte di Pasolini ho voluto riproporre problematiche antiche e fornire nuovi e suggestivi stimoli non solo per i pasoliniani della prima ora ma anche per coloro che volessero soltanto andare un po’ più in là nella conoscenza di questo grande poeta, scrittore e regista. 
Con particolare affetto ricordo la prefazione firmata dal docente Fernando Gioviale dell'Università di Catania, il principale responsabile della mia passione per Pasolini: nel mio ultimo romanzo non sono stato tenero con la casta dei professori catanesi, ma lui, Stefania Rimini (che bello il suo libro su Kieslowski edito da Liguori, "L'etica dello sguardo"), il suo amico e collega Antonio Di Grado e pochi, pochissimi altri tra docenti, assistenti e ricercatori, rimangono tra i miei migliori ricordi di quell'epoca legati al personale accademico. Voglio riproporre in questo blog il testo integrale della sua prefazione:

“Trilogia della vita”: sembra un tempo lontano e quasi favoloso, quello che vedeva Pasolini cimentarsi con tre opere somme dell’immaginario novellistico d’Occidente e d’Oriente, cavandone Il Decameron (1971), I racconti di Canterbury (1972), Il fiore delle Mille e una notte (1974). E’ come se l’estremo cimento di Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975), maledettamente postumo, venisse a gettare un’ombra di mortuario raggelamento su quanto il regista aveva fatto prima, e segnatamente su quei tre film che, proprio perché così diversi, finivano con l’acquisire contorni remoti e fiabeschi. Un’età di possibile felicità inventiva e creativa, e forse esistenziale, tramontava con quei testi, testamenti provvisori destinati ad essere sopravanzati dal testamento definitivo. Non si trattava, in realtà, di testamenti; meno che mai per Salò, che occupava Pasolini in un 1975 tutt’altro che “ultimo”, se l’artista meditava, tra varie altre cose, un film con Eduardo De Filippo, mentre dedicava idee, energie, scrittura al megaromanzo Petrolio, concepito come un’autentica summa della sua opera e lasciato allo stato di ampio, articolato, ma pur sempre provvisorio frammento (pubblicato, con qualche azzardo, da Einaudi e confluito poi nei Meridiani Mondadori). Ma non dell’estremo cimento di Sodoma dobbiamo parlare: che per noi resta un alto impegno didattico di gelido sarcasmo dedicato ai giovani, metaforicamente còlti, allora, in travestimenti nazifascisti, più facilmente ravvisabili, oggi (ma puntualmente prefigurati dal Pasolini polemista e “luterano”), in una serpeggiante nevrosi di massa da cui sgorgano i mostri orrendi del quotidiano, i crimini dell’assurdo familiare: frutto, insieme, del dorato inferno consumistico e della falsa coscienza collettiva, quella che ama credere in un Occidente finalmente libero dalla minaccia comunista e dunque più sagace e sereno nel gestire le proprie forze: e perfino più devoto, più religioso!
            A Salò, d’altra parte, Pasolini era giunto “abiurando” dalla “Trilogia della vita”, ovvero rinnegandone i presupposti dopo averli lungamente evocati. Bisognava sgombrare il terreno, ormai, da ogni superstite terzomondismo come alibi morale dell’Occidente: il mito dei popoli vergini e lontani - fossero la Napoli poeticamente dilatata e riassunta nel Decameron, l’operosa e favoleggiata Inghilterra già di Chaucer, il labirintico oriente da mille e una notte - non era più praticabile; e Pasolini ancora non sapeva (o poteva solo intuirlo da situazioni più mature, come in Francia) che quell’Oriente già doratamente fiabesco si apprestava ad invadere un Occidente decrepito e senza voglia di sopravvivere, a ricolonizzarlo con le sue giovani energie di lavoro ma anche ad inquinarne l’orgoglio residuo e ad attizzarne fondi lungamente sopiti d’intolleranza. Questo discorso, a lui, pareva non importare: di più lo intrigava e turbava la troppo violenta contraddizione tra quei corpi innocenti di un mondo aurorale e precapitalistico (quello, appunto, sospeso tra una Napoli picaresca, pseudo-boccaccesca, e un Islam trionfante nella sua millenaria, a suo modo saggia alternanza di straripante ricchezza e collettiva miseria) e l’abbrutimento interiore che gli pareva di dover cogliere nell’appiattimento di un neocapitalismo del tutto privo d’anima, nell’omologazione imperante di una condizione giovanile munita di un benessere di massa senza precedenti, ma infine senza progetto, senza felicità. Per alcuni anni - quelli, “felici”, della trilogia - Pasolini s’era rifugiato nel mito solare dei corpi edonisticamente ritratti e contemplati; ma pure lì (vedi Canterbury) s’insinuava il tema misterioso della morte, e sulla morte, quella di un Occidente senza più razionalità morale, si risvegliava il furente, gelido, “umoristico” e amarissimo fustigatore di Salò.

            Non è detto che Luca Raimondi sia voluto partire da premesse siffatte, per scrivere il suo libro sulla “Trilogia della vita”; ma le aveva in qualche misura dentro, a volte con felice implicitezza, a volte con più ragionata motivazione; infatti il suo non vuol essere un discorso ideologico ma, piuttosto, linguistico, ovvero di piena comprensione dell’intero percorso di linguaggio che Pasolini compie in quei tre film. E tuttavia - come Raimondi ben sa - il linguaggio pasoliniano è un insieme sincretico di umori e idee, passioni e ragioni, improvvisazioni e riflessioni, per giungere a una forma che - discutibile sempre, ignorabile mai - si fa irresistibilmente sua: non condividessimo un solo passaggio di quelle storie raccontate (viceversa così dense di riposte o esibite arditezze espressive), ci resterebbe sempre l’indistinta consapevolezza che quel linguaggio è solo pasoliniano: irritante o irrestibile, è inconfondibilmente suo, invenzione fortunatamente impastata di immaginismo affabulatorio e di tensione raziocinante. Nella “Trilogia”, l’affabulazione prevale sul raziocinio, i colori sulle parole, la gioia sul dolore: è un altro Pasolini, a quello di prima e a quello ultimo inestricabilmente legato, ma qui felicemente coincidente in se stesso, di là dagli sbalzi di umore e di tenuta narrativa. Raimondi vi si è calato con candore smaliziato, con gusto del vedere e del raccontare; e ce ne restituisce un’immagine che, tra le mille proposteci in questi anni, non è la meno convincente. E poi, da narratore, ha cercato di farcela amare nell’impianto della sua scrittura. Il libro è utile, e farà senza dubbio riflettere: proprio perché si lascerà leggere nella sua forma piana, dove i problemi hanno fatto in tempo a trasformarsi in cose, in parole.
FERNANDO GIOVIALE

JENA PLISSKEN E IL PARGOLO DI BUONA FAMIGLIA: UN BRANO DA "SE AVESSI PREVISTO TUTTO QUESTO"

"Un pub, uno dei tanti. Solita scenografia, luci soffuse, avventori giovani o giovanili. Carlo sente già spegnersi tutti i macchinari biologici che lo connotano essere razionale e di buona famiglia. Al che medita già di strozzarsi il fegato con bourbon o vodka. Faustino naviga con lo sguardo all’interno degli sguardi altrui, cercandovi un amico, un’ammiratrice, un manager radiofonico, uno spacciatore, chissà. La musica propina Michael Jackson d’annata. Faustino dice a Carlo di sedersi ad un tavolo, ché lui fa un giro, poi torna. Carlo si accuccia, ascolta quel che resta del brano primi anni Ottanta di Michael Jackson; poi, anziché gli Spandau Ballet o i Duran Duran che a quel punto sembrano inevitabili, salta fuori una canzone dei Soundgarden. 
Faustino torna poco dopo, in compagnia di un maxiganzo formato Big Jim, a sua volta in compagnia di topolona mora e mediterranea con bocca grande abbastanza per reclamare Fellatio Et Ingoio.
Si siedono tutti attorno al tavolo. Faustino conclude un discorso già avviato di cui Carlo non capisce una virgola, poi espleta le presentazioni con sensibile ritardo. Ganzo e topolona vengono all’istante battezzati come Walter e Gioia. Lui si proclama proprietario di un paio di discoteche suburbane, lei si proclama muta come un pesce.
- E te che fai di bello? - chiede Walter.
- Filosofia.
- Nientedimeno. Anche Gioia.
- Ma no.
- Indirizzo filosofico - dice Gioia. Carlo la guarda meglio: il trucco è pesantissimo. Sotto lo strato artificiale si cela una quasi trentenne. Walter dimostra venticinque anni, più o meno. Senza trucco.
- Anch’io - dice Carlo. - Indirizzo Filosofico. Primo anno.
- Ottavo anno - dice con candore Gioia. - Ho dato otto materie - aggiunge orgogliosa.
- Una media perfetta - gongola Walter. - Una media con la media del venticinque, una media di un esame l’anno, una media in media con le altre medie. Sai, in media ci si sta...
A quel punto anche Walter ha perso il filo. Cambia discorso. - Vai mai in discoteca?
- Mai - ammette Carlo.
Walter non riesce a contenere una smorfia schifata. - Oggi è il mio compleanno.
- Auguri. Io non festeggio mai il mio compleanno.
- Perché, io ho l’aria di un festeggiante festeggiato?
- No.
- Ecco.
Pausa letale.
Faustino prende l’iniziativa e schiocca le dita a una cameriera. Carlo si fa portare una birra alla spina. Miracolo. Ha evitato i superalcolici. Non ha del tutto perso la propria responsabilità. Bravo ragazzo, proprio bravo. Un po’ allucinato.
(...)
Realtà: Walter. Che dice: - Comunque, per stasera sono riuscito a staccare la spina, nel senso che ho mandato tutto affanculo, le discoteche, la vita notturna, per... per stare con Gioia.
- Carino - dice lei, svenevole.
- E con Gioia ci stai con gioia? - chiede Faustino, con aria talmente seria da far sospettare che il giochino di parole sia del tutto involontario.
Walter risponde con una domanda, rivolta però a Gioia: - Mi dai un po’ di coca?
Silenzio letale.
Walter le sprofonda la mano tra le tette, inserendo qualcosa di indefinito ma di facilmente definibile nel décolleté. Lei parte verso la toilette e la mano di Walter la segue.
- È il mio compleanno - dice lui.
- Vai pure a festeggiare - dice Faustino. - Auguri.

Altro pub. Questo ha una veste fantascientifica. Tutti i rottami di questo mondo rottamaio sono combinati assieme e riverniciati con lo stesso color argento dell’Uomo di Latta del Mago di Oz, in un bricolage che nell’insieme fa il suo bell’effetto. Bell’effetto di minchia.
- Se vedi un tipo combinato come Jena Plissken, compreso la benda da pirata sull’occhio destro, dimmelo - dice Faustino.
Non lo si vede da nessuna parte. La musica è un megamix di Molella con tutte le megastronzate dance del momento che tra un anno o due saranno state dimenticate persino da chi le ha realizzate. Da un cesso (ci si reca nei pub per i loro cessi, a quanto pare) esce Kurt Russell in persona, ma piuttosto basso e con meno muscoli. Faustino e Jena si scambiano pacche sulle spalle, poi parlano tra di loro. Ma che cazzo ci sta a fare qui Carlo?
- Ti presento un mio vecchio amico. Si chiama Carlo.
- Io mi chiamo Jena - dice, serio. Stringe la mano di Carlo, tramutandola in un moncherino dolorante. - Faccio il puparo della notte, metto dischi e mi rompo il cazzo. Te che fai?
- Mi rompo il cazzo e basta - dice Carlo, cercando di adeguarsi al tono dell’ambiente.
Jena apprezza la battuta. Jena ridens.
Poco dopo i tre stanno seduti in un tavolino. La musica, un megamix di Fargetta, copre le loro parole. Si segue il labiale.
- Così fai lo scrittore? - chiede Jena.
- Ci provo - risponde Carlo.
- Il mio scrittore preferito è Clive Barker. Hai letto Schiavi dell’inferno? Ha un inizio meraviglioso, c’è questo Frank che apre una scatoletta magica e ne escono i Supplizianti. E sai che fanno?
- Lo suppliziano?
- Esatto! E Jacqueline Ess? Che racconto, ragazzi. C’è questa che ti fa venire un arrapo bestiale. A guardarti ti vedo come seguace di Stephen King.
- Ho letto qualcosa, mi piace.
- Ci avrei messo l’uccello sul fuoco. Stephen King scrive horror per pargoli di buona famiglia. Tu sei un pargolo di buona famiglia, si direbbe.
- Se lo dici tu!
Jena guarda Carlo dritto negli occhi e dice: - Li ucciderei tutti, i pargoli di buona famiglia.

Disagio."

da "SE AVESSI PREVISTO TUTTO QUESTO", pp. 136-139.

giovedì 8 agosto 2013

IL 17 AGOSTO "PIANISSIMO-LIBRI SULLA STRADA" FA TAPPA A SIRACUSA

Sono lieto di annunciare che "Se avessi previsto tutto questo" sarà presente ad un evento assai interessante. Il 17 agosto a Largo Aretusa in Ortigia, a partire dalle ore 18:30, farà tappa a Siracusa "Pianissimo-Libri sulla strada", con la collaborazione di Arci Siracusa, Arci Ragazzi, Tempo Solidale, VerbaVolant edizioni e della Biblioteca Comunale. "Pianissimo" è una libreria itinerante e un progetto di promozione della lettura in Sicilia creato da Filippo Nicosia. Un piccolo gesto, ma concreto, un tratto di strada da percorrere insieme, nella fiducia che ci sia ancora una società e una vita sociale sulla quale fare leva per ripartire, nella convinzione che la cultura sia scambio e condivisione. La sfida è quella di mettere i libri nelle piazze, di tirarli fuori dagli scaffali e di vedere tutti insieme l'effetto che fa. 
Per chi volesse saperne di più, ecco il sito ufficiale: http://www.pianissimolibrisullastrada.it/
Questo è il programma relativo al 17 agosto: 
- Alle ore 18 e 30, reading per bambini, ragazzi e ragazzi cresciuti, con i libri "Il gatto del prete povero", "Il mostro nell'armadio & altre storie". Incontro a cura di: Biblioteca Comunale di Siracusa, Arci Ragazzi e VerbaVolant Edizioni. Sarà presente l'illustratrice Giulia Cappuccio. 
- Alle ore 20:00, reading tra letteratura e fumetti, "La letteratura, la vita, l'universo, Largo Aretusa e tutto quanto". Letture e interventi a cura di Angelo Orlando Meloni, Gabriele Galanti, Stefano Amato e del sottoscritto. Sarà proposto al pubblico un test: "La verità vi prego sulle presentazioni letterarie", con cui si cercherà di dare la risposta definitiva a uno dei problemi che assilla da sempre l'umanità.

sabato 20 luglio 2013

SU "OSSOBOOK" NUMERO 6 CI SONO ANCH'IO!

Dal gennaio di quest'anno esce (esclusivamente on line, in formato digitale) la rivista "Ossobook", dalla grafica a dir poco spettacolare e dai contenuti non meno interessanti. L'ideatore è Tommaso Labranca, popolare scrittore di saggistica e narrativa, autore televisivo (i più lo ricorderanno negli anni '90 in "Anima mia" su Rai2) e conduttore radiofonico, il quale mi ha personalmente invitato a contribuire, per il numero 6, alla rubrica "Fuorimilano". In ogni numero un blogger o uno scrittore rilascia un suo personale punto di vista sul capoluogo lombardo e io ho contribuito con un breve racconto autobiografico il cui titolo originale era "A Gratosoglio con il Bentelan": in sostanza, la breve (per non dire fulminea) odissea di un educatore professionale siciliano - ancora decisamente acerbo - in un quartiere-dormitorio della periferia meridionale.
Potete leggere il nuovo numero (che si segnala anche per una bella intervista a Garbo) a questo link: http://issuu.com/ossobook/docs/ossobook062013.
Il mio racconto lo trovate a pagina 11, basta cliccare con il mouse sulle frecce a destra e a sinistra per sfogliare la rivista proprio come se fosse cartacea. Prodigi del web!