lunedì 2 settembre 2013

JENA PLISSKEN E IL PARGOLO DI BUONA FAMIGLIA: UN BRANO DA "SE AVESSI PREVISTO TUTTO QUESTO"

"Un pub, uno dei tanti. Solita scenografia, luci soffuse, avventori giovani o giovanili. Carlo sente già spegnersi tutti i macchinari biologici che lo connotano essere razionale e di buona famiglia. Al che medita già di strozzarsi il fegato con bourbon o vodka. Faustino naviga con lo sguardo all’interno degli sguardi altrui, cercandovi un amico, un’ammiratrice, un manager radiofonico, uno spacciatore, chissà. La musica propina Michael Jackson d’annata. Faustino dice a Carlo di sedersi ad un tavolo, ché lui fa un giro, poi torna. Carlo si accuccia, ascolta quel che resta del brano primi anni Ottanta di Michael Jackson; poi, anziché gli Spandau Ballet o i Duran Duran che a quel punto sembrano inevitabili, salta fuori una canzone dei Soundgarden. 
Faustino torna poco dopo, in compagnia di un maxiganzo formato Big Jim, a sua volta in compagnia di topolona mora e mediterranea con bocca grande abbastanza per reclamare Fellatio Et Ingoio.
Si siedono tutti attorno al tavolo. Faustino conclude un discorso già avviato di cui Carlo non capisce una virgola, poi espleta le presentazioni con sensibile ritardo. Ganzo e topolona vengono all’istante battezzati come Walter e Gioia. Lui si proclama proprietario di un paio di discoteche suburbane, lei si proclama muta come un pesce.
- E te che fai di bello? - chiede Walter.
- Filosofia.
- Nientedimeno. Anche Gioia.
- Ma no.
- Indirizzo filosofico - dice Gioia. Carlo la guarda meglio: il trucco è pesantissimo. Sotto lo strato artificiale si cela una quasi trentenne. Walter dimostra venticinque anni, più o meno. Senza trucco.
- Anch’io - dice Carlo. - Indirizzo Filosofico. Primo anno.
- Ottavo anno - dice con candore Gioia. - Ho dato otto materie - aggiunge orgogliosa.
- Una media perfetta - gongola Walter. - Una media con la media del venticinque, una media di un esame l’anno, una media in media con le altre medie. Sai, in media ci si sta...
A quel punto anche Walter ha perso il filo. Cambia discorso. - Vai mai in discoteca?
- Mai - ammette Carlo.
Walter non riesce a contenere una smorfia schifata. - Oggi è il mio compleanno.
- Auguri. Io non festeggio mai il mio compleanno.
- Perché, io ho l’aria di un festeggiante festeggiato?
- No.
- Ecco.
Pausa letale.
Faustino prende l’iniziativa e schiocca le dita a una cameriera. Carlo si fa portare una birra alla spina. Miracolo. Ha evitato i superalcolici. Non ha del tutto perso la propria responsabilità. Bravo ragazzo, proprio bravo. Un po’ allucinato.
(...)
Realtà: Walter. Che dice: - Comunque, per stasera sono riuscito a staccare la spina, nel senso che ho mandato tutto affanculo, le discoteche, la vita notturna, per... per stare con Gioia.
- Carino - dice lei, svenevole.
- E con Gioia ci stai con gioia? - chiede Faustino, con aria talmente seria da far sospettare che il giochino di parole sia del tutto involontario.
Walter risponde con una domanda, rivolta però a Gioia: - Mi dai un po’ di coca?
Silenzio letale.
Walter le sprofonda la mano tra le tette, inserendo qualcosa di indefinito ma di facilmente definibile nel décolleté. Lei parte verso la toilette e la mano di Walter la segue.
- È il mio compleanno - dice lui.
- Vai pure a festeggiare - dice Faustino. - Auguri.

Altro pub. Questo ha una veste fantascientifica. Tutti i rottami di questo mondo rottamaio sono combinati assieme e riverniciati con lo stesso color argento dell’Uomo di Latta del Mago di Oz, in un bricolage che nell’insieme fa il suo bell’effetto. Bell’effetto di minchia.
- Se vedi un tipo combinato come Jena Plissken, compreso la benda da pirata sull’occhio destro, dimmelo - dice Faustino.
Non lo si vede da nessuna parte. La musica è un megamix di Molella con tutte le megastronzate dance del momento che tra un anno o due saranno state dimenticate persino da chi le ha realizzate. Da un cesso (ci si reca nei pub per i loro cessi, a quanto pare) esce Kurt Russell in persona, ma piuttosto basso e con meno muscoli. Faustino e Jena si scambiano pacche sulle spalle, poi parlano tra di loro. Ma che cazzo ci sta a fare qui Carlo?
- Ti presento un mio vecchio amico. Si chiama Carlo.
- Io mi chiamo Jena - dice, serio. Stringe la mano di Carlo, tramutandola in un moncherino dolorante. - Faccio il puparo della notte, metto dischi e mi rompo il cazzo. Te che fai?
- Mi rompo il cazzo e basta - dice Carlo, cercando di adeguarsi al tono dell’ambiente.
Jena apprezza la battuta. Jena ridens.
Poco dopo i tre stanno seduti in un tavolino. La musica, un megamix di Fargetta, copre le loro parole. Si segue il labiale.
- Così fai lo scrittore? - chiede Jena.
- Ci provo - risponde Carlo.
- Il mio scrittore preferito è Clive Barker. Hai letto Schiavi dell’inferno? Ha un inizio meraviglioso, c’è questo Frank che apre una scatoletta magica e ne escono i Supplizianti. E sai che fanno?
- Lo suppliziano?
- Esatto! E Jacqueline Ess? Che racconto, ragazzi. C’è questa che ti fa venire un arrapo bestiale. A guardarti ti vedo come seguace di Stephen King.
- Ho letto qualcosa, mi piace.
- Ci avrei messo l’uccello sul fuoco. Stephen King scrive horror per pargoli di buona famiglia. Tu sei un pargolo di buona famiglia, si direbbe.
- Se lo dici tu!
Jena guarda Carlo dritto negli occhi e dice: - Li ucciderei tutti, i pargoli di buona famiglia.

Disagio."

da "SE AVESSI PREVISTO TUTTO QUESTO", pp. 136-139.

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