Perché ambientare un romanzo a Catania? Cosa ha rappresentato per me il capoluogo etneo? Più o meno quello che rappresenta per il protagonista del
mio libro "Se avessi previsto tutto questo": il momento del distacco dall’alveo familiare, l’abbandono della
dimensione provinciale, l’ingresso in una dimensione più ampia e composita in
cui ci si può imbattere in Sgalambro e Jovanotti, dove è possibile rivedere la
propria vita in un’ottica diversa. Dove, come mi è capitato in tempi più recenti, ti puoi imbattere in un produttore che ti fa revisionare una sceneggiatura e poi ti fa incontrare la mitica Gerardina Trovato in un albergo di Acireale perché vorrebbe fare un film tratto dalla storia della sua vita. La meno eclatante storia del mio protagonista si limita al momento in cui si entra in contatto (o ci si scontra, più che altro) con una realtà più complessa, dove occorre riorganizzare il proprio modo di vivere ma dove - specie ai tempi in cui non sono ancora di uso comune le chat - aumentano le possibilità di conoscenza sociale, che i single finalizzano soprattutto alla ricerca del vero amore.
La mia personale esperienza catanese si è protratta per dieci anni, a
partire dal 1995 e fino al 2005, per poi continuare a singhiozzo fino ad oggi. Come
il mio protagonista, ho veramente avuto una piccola casa di proprietà in via Abate Ferrara, tra via
Garibaldi e via Plebiscito, quella in cui nacque il compositore ottocentesco Giovanni Pacini. Vi ho vissuto da solo per dieci anni,
sentendomi pian piano sempre più catanese, e non solo per via della residenza che vi avevo stabilito e che risultava sulla carta di identità.
A Catania ho conseguito due lauree (Filosofia nel 2000 e Scienze
dell’Educazione nel 2003, quella meno “del cuore” ma con conseguenze pratiche
migliori, dato che attualmente lavoro come educatore) nonché, nel 2005, un
Master di 2° livello in “Economia del Recupero e della Valorizzazione dei Beni
Culturali” (sic, le maiuscole non sono mie, stanno nel diploma...). In dieci
anni mi sono goduto la vivacità culturale sponsorizzata da Enzo Bianco e il
triste ed evidente declino dell’amministrazione Scapagnini, ho vissuto la mia
prima impegnativa relazione pluriennale, girato cortometraggi amatoriali (come
l’ormai inguardabile “Anche gli insetti sognano”), conosciuto di persona
Battiato, Camilleri, Bonaviri, visto indimenticabili concerti di Carmen
Consoli, Mario Venuti, Subsonica, Max Gazzè, Avion Travel, seguito seminari di
cinema e fatto l’alba dopo aver partecipato ad una proiezione notturna (in
pellicola) di “Intrigo internazionale” di Hitchcock. Infine, vi ho cercato
lavoro: e lì è stata la delusione più cocente, perché non ne ho trovato. L’opportunità più grande (se così si può dire) me la sono giocata come commesso
per una celebre libreria di Corso Sicilia: al colloquio che in piena estate mi trovai a sostenere, le proprietarie mi dissero che ero troppo qualificato, che i libri li avrei letti anziché venderli e che non avrebbero mai avuto il coraggio di chiedermi di spolverare uno scaffale (perché poi?), ma ancora
oggi nutro il sospetto di essere stato scartato per via del fatto che indossavo una camicia a fiori stile Tony Montana, il gangster protagonista di Scarface...
La casa in cui abitavo: vi nacque il musicista Giovanni Pacini |
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