Sabato sera ho presentato il mio romanzo ad Acireale, nell'ambito di "In-chiostro letterario". Un bell'evento in un bellissimo Resort, ricavato in un antico Monastero del '500. Un'occasione per sprofondare in qualche ulteriore riflessione che vi propongo qui di seguito.
Come il mio
precedente "Marenigma", anche "Se avessi previsto tutto
questo" è un romanzo di formazione: mentre il primo affrontava il dramma
della morte, quest'altro esplora i primi assi dell'iniziazione sentimentale.
Compongono entrambi, quindi - al di là delle differenze di stile e di atmosfere
- un dittico. Potrebbe anche trattarsi di una trilogia, dato che anche il mio
esordio, "Cerniera lampo" (scritto a quattro mani con Joe Schittino)
era pure una storia di formazione con protagonisti due adolescenti.
Eccomi nel Chiostro del San Biagio Resort... |
Nel mio
nuovo romanzo il protagonista si confronta con il passaggio da un Istituto
professionale alla facoltà di Filosofia dell’Università di Catania, che
coincide con il distacco dalla sfera protettiva genitoriale e con
un’improvvisa, vertiginosa, conquista di spazi di libertà. E’ stato quello un
passaggio delicato della mia stessa vita, proprio in quegli anni ’90 in cui il
romanzo è ambientato. Impossibile negare quindi l’ispirazione autobiografica
alla base della vicenda che racconto, m’interessava però raccontare non la mia
vita, ma un periodo della storia che ho attraversato e un periodo
dell’esistenza umana, l’adolescenza appunto, in cui si scopre qualcosa in più
su di sé, sugli altri, sull'esistenza, sull'amicizia, sulle donne e sull'amore.
Credo di averlo fatto in modo ironico, divertente, autentico, senza mettermi lì
col manuale del bravo scrittore, lasciando piuttosto il campo all'immaginazione
più sfrenata, ad un linguaggio senza falsi pudori, descrivendo un mondo, uno
spaccato di vita, che è stato il mio ma anche quello di tanti altri.
Un momento della presentazione di Acireale |
Erano anni
tutto sommato felici, gli anni ’90, specie se paragonati a quelli di oggi. E’
stata quindi una gioia calarsi nuovamente in quegli anni, quando Catania era la
“Seattle italiana” per la sua vivacità musicale (Seattle era la città da cui
erano saltati fuori gruppi come i Nirvana), vivacità che era anche culturale.
Erano anni
in cui c’era ancora la lira e un relativo benessere. Credevamo che la massima
condanna fosse un posto fisso al Comune, quando oggi molti di noi
delle classi anni '70 (credo la generazione con il più alto tasso di aspiranti artisti, me compreso...) darebbero un braccio per un posto fisso al Comune.
Erano anche
anni particolari sul piano dei rapporti umani, ci si trovava appena prima di
una rivoluzione storica, quella scatenata dalla diffusione del web. Le
relazioni erano sempre e comunque dirette, mai mediati da chat o sociale
network o blog. Ci si doveva conoscere, incontrare e frequentare dal vivo. Così
ho ritenuto interessante focalizzare l’attenzione sulla formazione sentimentale
piuttosto che su quella politica o di altro genere, dal mio punto di vista
maschile. Un maschio, va sottolineato, piccolo borghese, poco affascinante, per
niente sicuro di sé, i cui goffi tentativi di conquista e le confuse
idee sull'amore hanno generato capitoli piuttosto divertenti, se non
addirittura grotteschi.
I ragazzi di "Beverly Hills 90210" |
Il romanzo di formazione ha tanti precedenti e mi è
piaciuto in qualche modo rivisitare a modo mio i libri di questo genere che ho
letto e apprezzato, dal fondamentale “Giovane Holden” di Salinger al
"Garofano rosso" del mio concittadino Elio Vittorini, da Bret Easton
Ellis a Philip Roth, dal “Dietro la porta” di Giorgio Bassani, dal “Due di Due”
di Andrea De Carlo fino ai classici degli anni ’90 che non potevo ignorare,
“Jack Frusciante” di Enrico Brizzi e “Tutti giù per terra” di Giuseppe
Culicchia. Ma potrei citare ancora Fitzgerald, Hemingway, Fante e il suo Arturo
Bandini così lontano e così vicino al mio Carlo Piras, senza dimenticarmi, in
mezzo a cotante reminiscenze letterarie, di certi telefilm che andavano di moda
nella mia adolescenza, penso soprattutto a quel “Beverly Hills 90210” che ci
aveva davvero avvelenato il cervello nei primi anni ’90, per cui noi maschietti
sognavamo di essere Brandon, Dylan, senza tuttavia avere alcuna possibilità di
esserlo davvero, e le ragazze a loro volte cercavano i sosia di Jason Priestley
e Luke Perry, sicché ai loro occhi non apparivi più attraente di Alvaro Vitali.
Leggere questo libro dà
la possibilità di riflettere su chi eravamo e su quello che ci aspettavamo dal futuro noi cosiddetti TQ (trenta/quarantenni), ma credo che anche gli adolescenti di oggi non mancheranno di riconoscere qualcosa di sé nei turbamenti del protagonista.
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