Il 20 gennaio è apparso su “Liberoquotidiano.it” un pezzo dello scrittore e giornalista Paolo Bianchi dedicato al romanzo del sottoscritto. Una recensione senz'altro interessante e autorevole macchiata, purtroppo, da un paio di righe che puzzano di snobismo o almeno di scarsa informazione nei riguardi delle Edizioni Il Foglio. Bianchi, da
giornalista, non si è premurato di fare qualche ricerca in merito, e mette in dubbio, chissà poi perché (pochi refusi, qualità grafica ottima, vai a sapere...), la buona fede e la professionalità dell'editore. Bastava chiedere a qualche addetto ai lavori per venire a conoscenza del fatto che Il Foglio non è una
casa editrice a pagamento, che ha una distribuzione nazionale abbastanza efficiente
nei limiti delle possibilità e che mi ha affidato a un editor giovane ma competente come
Walter Lazzarin. Walter, che ho già ringraziato in coda al romanzo e che non ho problemi a ringraziare ancora, ha fatto a parer mio un ottimo lavoro di limatura, perfezionamento e
correzione, nel pieno rispetto delle mie scelte stilistiche e strutturali. Mi assumo quindi io le colpe di ciò che non ha soddisfatto Bianchi, posto che lui abbia voglia, un bel dì, di entrare nel merito di quella contestabilissima opinione per cui "l'editing è poco accurato".
Da chi ha scritto un libro come “Inchiostro antipatico. Manuale di dissuasione
dalla scrittura creativa” non ci si aspetta certo simpatia profusa a piene
mani, ma bastava poco per appurare che Gordiano Lupi si
è sempre battuto contro l’editoria a pagamento e che i suoi autori, me compreso, lo
hanno in grande stima anche per questo.
Liquidate quindi come un “incidente di percorso” del recensore
quelle infauste due righe dedicate al Foglio, rimangono le sue impressioni sul
romanzo e, come già in altre occasioni, Carlo Piras è generosamente paragonato
al Werther di Goethe, che Bianchi non esiterebbe a definire “uno
sfigato”. Ecco infatti cosa scrive: “E' un lavoro di scavo nella memoria, magari basato
su un diario che Raimondi teneva alla fine degli anni Novanta del secolo
scorso. Si tratta della storia di Carlo Piras, un ragazzo al primo anno di
università, a Catania appunto, e del suo innamoramento per Tamara, la quale
mantiene però una tormentata storia d'amore con il migliore amico di Carlo,
Flavio. Ma mentre Flavio, senza essere particolarmente ambizioso, vive gli alti
e bassi della sua esistenza con una certa intensità, il povero Carlo, come un
giovane Werther, si limita a osservare il mondo scorrere. Il suo è un approccio
tutto cerebrale, con scarse o nulle ricadute nella quotidianità. Insomma, Carlo
è uno sfigato.”
Nel resto della sua lettura, Bianchi coglie bene il senso di vuoto di un personaggio, di una generazione, di una città (Catania), di una fase in cui si era felicemente sul ciglio di un burrone con gli occhi al cielo e in cui la Storia sembrava essersi fermata per scrutare le nostre piccole, forse insignificanti, storielle di amicizia e di amore.
Per la cronaca, non ho mai tenuto alcun diario. Ci ho provato, ma che noia.
Per la cronaca, non ho mai tenuto alcun diario. Ci ho provato, ma che noia.
Il testo integrale della recensione la potete leggere qui: http://www.liberoquotidiano.it/blog/1390072/Vita-quotidiana-del-giovane-inetto-Carlo-nella-Catania-di-fine-Millennio.html
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