domenica 2 giugno 2013

RECENSIONE DI LUCA MENICHETTI PUBBLICATA SU "LANKELOT"

Sul portale dell'associazione culturale "Lankelot", un vero e proprio caffè letterario on line, Luca Menichetti analizza il mio romanzo. Trovo condivisibile un po' tutto quello che ha scritto e noto che è già la seconda volta che viene usato l'aggettivo "barocco" per definire il mio stile in alcuni passaggi della narrazione (già Giuseppe Condorelli l'aveva utilizzato nella presentazione catanese), ma del resto un romanzo ambientato a Catania e scritto da un abitante della provincia di Siracusa, poteva non avere qualcosa di barocco? Quell'aggettivo, riferito alla letteratura anziché all'architettura, ha assunto connotazioni negative: e fortuna che, mi informa Wikipedia,  nella seconda metà del '900 si è assistito a un progressivo recupero della letteratura barocca, ad opera di alcuni importanti critici come Giovanni GettoMarzio Pieri e Giovanni Pozzi.
L'efficace incontro col micidiale e sprezzante barone universitario a cui si riferisce il critico lo potete leggere qui: http://seavessiprevisto.blogspot.it/2013/05/il-boss-e-la-matricola.html
Riporto il testo della recensione:

Chiesa della Badia di Sant'Agata:
il barocco a Catania...
"Onestamente non ricordo come sia stata definita quella corrente letteraria (c’è però chi metterebbe il “letteraria” tra virgolette) che ha fatto capo a Brizzi e a tutti quegli autori che scrivevano dei loro sfigatissimi coetanei. Comunque si sia chiamata, visti certi risultati non proprio strepitosi anche se confortati da un grande successo di vendite, è plausibile che alcuni lettori, quelli meno sensibili al mainstream, nel leggere di un nuovo romanzo italiano “generazionale” e con protagonisti appunto giovani, tardo adolescenti, possano rimanere un po’ diffidenti. Diffidenza comprensibile, ma che poi non è il caso di generalizzare. Non mi pare sia il caso di farlo con “Se avessi previsto tutto questo”, l’ultima opera di Luca Raimondi, giovane scrittore siciliano che ha al suo attivo già un buon numero di saggi e romanzi. Anche il sottotitolo “In cerca d’amore nella Catania di fine millennio” potrebbe far pensare a qualcosa di sentimentale e mieloso, una versione sicula di Liala; ma anche in questo caso è bene andare oltre le apparenze.
Protagonista del romanzo di Raimondi è Carlo Piras, matricola di filosofia all’Università di Catania verso la metà degli anni ’90: figlio unico, diplomato all’istituto alberghiero, aspirante e svogliato scrittore, ha scelto, non si come mai, di abbandonare un percorso che lo avrebbe portato diritto in una cucina per votarsi, con poca convinzione, allo studio di Hegel e di Kant. Proveniente da Siracusa, dove la vita scorreva placida e senza particolari emozioni, il nostro Piras si ritrova a dover combattere un fastidioso senso di solitudine, forse soltanto immaginato, malgrado viva adesso in un ambiente che trabocca di studenti e coetanei.
La storia, che si riconosce ambientata almeno venti anni fa grazie ai frequenti riferimenti musicali, descrive le nevrosi adolescenziali e post-adolescenziali di questo ragazzo un po’ sperso e molto perplesso, e, se vogliamo proprio buttarla sullo psicologico, la sua voglia, contrastata da una cronica apatia, di trovare delle relazioni finalmente gratificanti: soprattutto una relazione sessuale soddisfacente e duratura. Quel riferimento nel titolo alla “ricerca d’amore”, nel corso del romanzo e salvo l’epilogo caratterizzato da toni più sentimentali, ci appare semmai una ricerca di amore carnale; per non voler usare termini più espliciti e, volgendo lo sguardo alla letteratura e alla Sicilia, coerenti col gallismo felicemente descritto da Brancati. Soltanto che il nostro Carlo Piras ci viene descritto come un aspirante don giovanni, non un don giovanni effettivo, in realtà campione di rimbalzi, uno di quelli che alla domanda “cosa collezioni”, se sono sinceri, ti rispondono: figure di merda.
Quindi, al di là della presenza di alcuni elementi autenticamente autobiografici (l’ambientazione catanese, l’Università, le aspirazioni di scrittore), appare piuttosto logica la precisazione di Raimondi nelle note finali: “questo non è un romanzo di memorie autobiografiche, ma per dieci anni ho davvero vissuto tra Siracusa e Catania. Nel capoluogo etneo, a cominciare dal 1995, ho frequentato l’Università, conquistando due lauree e un master. Certamente quell’esperienza mi ha fornito lo scenario e molti spunti di riflessione, tuttavia è mio dovere precisare che questo romanzo è frutto della mia fantasia” (pag. 233).
Un curriculum quello di Raimondi che appare brillante e che non sembra aver molto a che fare col pur simpatico e immaginario Carlo Piras, studente che abbiamo già detto mostrarsi poco convinto delle sue scelte e assai imbranato, incupito tra la sua insonnia, lezioni universitarie astruse, bocciature all’esame di guida e soprattutto le donne, cugina compresa, che gli sconvolgono la vita e gli ormoni.

La Chiesa di San Benedetto sorge in Via Crociferi,
ed è considerata fra i migliori esemplari del barocco catanese
“Se avessi previsto tutto questo” è romanzo con una trama magari esile, costruito in gran parte mediante una successione molto teatrale di dialoghi e brevi botta e risposta privi di invadenti descrizioni da parte dell’autore; mentre in altri momenti l’evidente desiderio di Raimondi di esprimere tutta la complessità delle elucubrazioni post adolescenziali rischia di rendere un po’ sovrabbondanti di aggettivi e barocche le descrizioni degli stati d’animo e degli incubi del protagonista. Sicuramente, nella loro ironia, più efficaci e spontanei i dialoghi tra studenti allupati rispetto agli intermezzi onirici di Piras.
Elementi che però non mi pare mettano in ombra la sostanziale leggerezza dell’opera e i frequenti spunti umoristici (efficace l’incontro col micidiale e sprezzante barone universitario) che evitano  il rischio di eccessivo sentimentalismo e quello di prendersi troppo sul serio. Lo dimostra la stessa conclusione del romanzo, con Piras che è vero, dopo pagine e pagine da apatico allupato, ci appare vincente nella sua ricerca di una stabile compagnia femminile, ma grazie ad un piccolo tradimento ed alla disponibilità di una traditrice.
Non ci stupiremo di incontrare nuovamente Carlo Piras tra le righe di un altro romanzo, magari più cresciuto e finalmente don giovanni autentico."

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